11/05/14

L'alluvione di Senigallia - una settimana dopo


È passata una settimana da sabato 3 maggio, quando Senigallia è stata alluvionata. 
Parto da Roma il giorno dopo perché altrimenti per arrivare a casa devo usare il canotto, dicono i miei. E non è una battuta. 
È passata una settimana straniante a togliere fango, detriti, buttare pezzi di vita vecchia in mezzo alla strada. 
Una settimana dove la mattina è come sentirsi in guerra. 
È passata una settimana a parlare continuamente di quello che è successo, chiedersi perché è successo, incazzarsi prima con Dio e poi con la giunta comunale. 
Perché le cose non funzionano, perché c'è disorganizzazione totale, perché chi deve avere le risorse non ha le risorse e certo, l'importante è risparmiare, fare tagli. 
Ma poi vedi che dopo qualche giorno si mette in moto qualcosa, che le cose cominciano a funzionare un po'. 
Fatica e preoccupazioni. Tanto dispiacere. Per se stessi, per altri che hanno subito situazioni peggiori, per quelli che sono morti. Non ci sono parole.
Una settimana a far parte di una piccola comunità che si aiuta. E poi tanti, tanti ragazzi delle scuole che si uniscono ai soccorsi, e ci credono. Bravissimi.
Ora, i fascicoli da parte della procura sono stati aperti e chi dovrà prendersi responsabilità lo farà (anche se ormai è tardi).
Mi auguro però di non dover assistere al solito teatrino italiano fatto di approssimazioni, furberie e pantani burocratici. 
Vorremmo, tutti, che si stabiliscano oggettivamente e scientificamente le ragioni di questa catastrofe. 
Vorremmo, tutti, avere una spiegazione chiara e definitiva. Perché c'è. Incolpare la natura è facile. Troppo facile. Sono stati commessi degli errori. Errori umani.
Ma NON vogliamo capri espiatori tanto per dare la colpa a qualcuno, quello no. E poi non serve a niente. La caccia alle streghe è sempre stata una stronzata. 
Quando sono andato al comune a consegnare il modulo di censimento dei danni ho preteso un timbro e una firma da parte dell'impiegato per avere una specie di attestato. Prima si rifiuta polemizzando sul fatto che noi non ci fidiamo (meravigliandosi pure), poi io gli rompo le palle e il timbro me lo mette.
Della serie: noi ce la mettiamo tutta, ma uno sforzo fatelo anche voi (istituzioni in genere, intendo).
Non ci fidiamo perché siamo arrivati al punto di non fidarci più.
E vorremmo sperare che almeno per una volta qualcuno riuscirà a sorprenderci.
Lo ripeto se non è chiaro: noi ce la mettiamo tutta, ma uno sforzo fatelo anche voi. 

Nessun commento:

Posta un commento