31/01/12

Hesher è stato qui - recensione -

Sempre più diffusa è ormai l’idea che non si possa raccontare più niente di originale, che le storie si sono esaurite perché in realtà è già stato detto tutto. Vera o meno che sia questa convinzione è certo che a prescindere da cosa si racconta, i modi di raccontare una storia possono essere infiniti, perché infinite sono le variabili. Una di queste sono i personaggi. Sono loro, ogni tanto, a rendere unica una storia. Ed 'Hesher' rientra in questa categoria.



Il film, in uscita da noi venerdì 3 febbraio è un film piccolo, indipendente. Parlando di cifre: è costato solo 7 milioni, che per noi italiani è la cifra di un film ad alto budget, mentre per le grandi produzioni americane è giusto il costo del catering di un blockbuster. Ok non proprio, ma quasi. 
'Hesher' racconta la storia di T.J., un ragazzino di 13 anni che purtroppo perde la madre in un incidente. T.J. Non può fare affidamento sul padre perché da quel tragico giorno passa le sue giornate su un divano, né sulla nonna che è molto anziana. Come se non bastasse, il bullo della scuola lo prende di mira e non passa giorno senza testimoniare l’affetto nei suoi confronti con pugni e sputi. 
Come avrete capito si entra in un territorio nero, a tratti deprimente. 
Ma l’effetto che fa questo film è tutt’altro. 
Quando T.J. si imbatte per caso in Hesher la sua esistenza cambia. In meglio? No. Perché Hesher è un metallaro sporco, cattivo, e diseducativo. 
Come dice il regista Spencer Susser in un’intervista, Hesher non è un personaggio reale. Eppure lo è. Da un lato non credi che possa esistere, dall’altro sì. Io aggiungerei che Hesher è costantemente in bilico tra realtà e leggenda. Prima ti disturba, poi ti fa schifo. E poi lo adori. Per una semplice ragione: le sue azioni e i suoi modi apparentemente ‘sbagliati’ in realtà sono a fin di bene. 
È questa la sottigliezza del film: far passare contenuti edificanti attraverso il loro contrario. Hesher ci costringe ad andare oltre le apparenze. È politicamente scorretto ma ci sta solo provocando perché vuole vedere fin dove arriva la nostra ipocrisia. Rompe le regole, e nel fare questo le ristabilisce. Portando un po’ di luce nelle persone schiacciate dal peso dell’esistenza.
Joseph Gordon-Levitt poi ci regala una bellissima prova di recitazione. Ha ammesso di essersi ispirato a Cliff Burton, il geniale bassista dei Metallica scomparso in un incidente nell’86. E già solo questo elemento è più che sufficiente per andare a vedere il film. 

Ah, nel film c’è anche Natalie Portman che indossa gli occhiali di Arisa:


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