28/08/13

Kick-Ass 2 – recensione


Il concept di Kick-Ass non è proprio originale ma è tanto semplice quanto efficace: cosa succederebbe se dei tizi indossassero calzamaglie e si improvvisassero super eroi nel mondo reale? Il fumetto incontra il realismo e più volte questa scelta narrativa viene sottolineata nel film: “qui non siamo in un fumetto, siamo nella realtà. Non c’è nessun sequel”. E infatti questo è il sequel del primo riuscitissimo capitolo tratto dal comic book di Mark Millar. Sequel che riprende la storia lì dove l’aveva lasciata, sviluppando da un lato il percorso personale di Kick-Ass (che in inglese vuol dire “che figata”) e dall’altro quello di Hit-Girl. Il primo,  disilluso per le conseguenze sociali della sua scelta torna a indossare la maschera; mentre la seconda è costretta a togliersela per cercare di diventare un’adolescente “normale”. Ma la normalità è più folle e spietata dei criminali di strada, non resta altro che fuggire e unirsi per combattere la squadra del malvagio… Mother-Fucker.

Il film è, più del primo, zeppo di critica sociale molto più acuta di certi profondi drammoni che vanno ai festival e poi si indispettiscono se non ricevono premi. Certo, stiamo parlando di un action-comedy irriverente, grottesco e politicamente scorretto ma occhio a considerarlo solo un prodotto giovanilistico che gioca con gli stereotipi del genere, perché non lo è. Quanto meno, non è solo questo. Certe sequenze sono (davvero) da applausi e il melting pot dei meccanismi narrativi viene frullato per darvi due ore di ottimo intrattenimento. Un’avvertenza però va fatta:  se siete personcine a modo e non sopportate adolescenti che parlano come scaricatori di porto, se vi infastidiscono botte da orbi, litri di sangue e cose come il vomerdometro, allora evitatelo. Qui non siamo mica in un fumetto, siamo nella realtà. 

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