03/05/13

The Lords of Salem - recensione

Piccola premessa: la pop-art è merda. E per questo ci piace. Andy Warhol aveva intuito che la cultura in cui eravamo (e siamo tutt'ora) immersi faceva schifo. Ce l'ha spiattellata in faccia colorandola un po' e giù tutti a dirgli che era un genio. Non che non lo fosse, anzi, lo è stato. Per il semplice fatto d'aver condizionato profondamente l'immaginario della nostra epoca costringendoci a fare i conti con quello che eravamo e che siamo. Purtroppo.
The Lords of Salem a mio avviso rientra esattamente in questa chiave di lettura. Rob Zombie sceglie con coerenza il soggetto del suo quinto lungometraggio andando a pescare nel processo alle streghe dell'America del '600. Salem era un villaggio del New England e qui un gruppo di persone fu realmente torturato e giustiziato a morte con l'accusa di avere adorato Satana. Passano i secoli e alla protagonista Heidi (Sheri Moon), dj in un'emittente radiofonica locale, viene recapitato un vinile da un gruppo che si fa chiamare "i Signori". Decide di passarlo in radio e le donne all'ascolto ricevono la visita di Lucifero. Tremate, tremate: le streghe son tornate. 
La storia si conclude qui e come il nostro amico Zombie c'ha abituato, in questo caso ancora più di prima, non gli interessa raccontare niente di più e niente di meno. Un suo limite, questo. Ma anche una sua scelta. Perché di certo da quelle parti non mancano bravi sceneggiatori. 
E arrivo al punto: gli evidenti limiti nel racconto azzoppano il film (qualsiasi film) rendendolo qualcosa di diverso. Ce ne sono di esempi, dove storie esili o addirittura scritte male, nelle mani di un regista talentuoso riescono comunque a prenderci. 
The Lords purtroppo non rientra in questa categoria. Tolta la parte iniziale, la discesa agli inferi di Heidi e della comunità di Salem non porta lo spettatore da nessuna parte. Nelle parti che avrebbero dovuto essere spaventose c'era gente al cinema che stava ridendo. Di gusto. Che in un horror è praticamente un sacrilegio. 
Da questo punto di vista il film è stato un totale fallimento. Ma da un altro punto di vista no. Perché Zombie ha voluto mettere in scena il suo personale concetto di pop-art. Gli amici che erano con me al cinema m'hanno subito fatto notare i Velvet Underground (tra gli altri) nella colonna sonora. Indovinate un po' quali canzoni? Quelle da questo disco qua:




Zero contenuti, zero concetti e un tema che è talmente misero da non essere preso in considerazione.
Estetica.
Simpatici signori mascherati:



Caproni rodeo:


Caproni da passeggio:



Madonne pop a caso:



Insomma, non ditemi che questo:



Non è questa roba qui:


Laddove il climax narrativo si sarebbe dovuto concentrare su snodi drammaturgici, qui esplode letteralmente in deliranti, surreali, blasfeme installazioni visive. E se si vede questo film (zoppo) come l'ingresso in una galleria d'arte contemporanea allora, forse, potrebbe anche piacere. 
E da questo punto di vista (ma solo da questo), onestamente, a me è piaciuto. E anche tanto.
Perché la pop-art è merda.
Beninteso, merda d'artista.



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