15/03/13

il Viaggiatore di Zoran Drvenkar - recensione



Definito dalla critica come il maestro dell'intreccio narrativo, Zoran Drvenkar è più che altro abile nell'impostare storie su più livelli e nel trovare idee brillanti che uniscono personaggi e situazioni distanti tra loro. Il Viaggiatore parte non bene, benissimo: durante una tempesta di neve che blocca un'autostrada in Germania, un uomo entra ed esce in ventisei automobili uccidendo uno dopo l'altro i passeggeri. Per poi riprendere il suo cammino indisturbato fino alla prossima meta. 


Da questo punto Zoran (nato in Croazia ma berlinese d'adozione), comincia a raccontare in seconda persona, così come ha fatto nell'incipit, le vicende di cinque amiche  alle prese con la vita di tutti i giorni, gli amori e i problemi adolescenziali. I punti di vista si alternano, ma lo stile rimane in seconda persona.
E allora tu dici: ok Zoran, fico, dove mi stai portando?
Nel frattempo compaiono altri personaggi e continuano le vicende delle adolescenti fino a quando non rimangono invischiate in un losco affare di droga. 
Tu leggi, leggi, e dopo qualche centinaio di pagine ti chiedi: che fine ha fatto il viaggiatore?
Eccolo di nuovo, "finalmente", alle prese con un'altra strage. 
Dopodiché si ritorna alle cinque amiche e sinceramente, sorpassata la metà del libro, l'intrigo in cui eri avvolto all'inizio comincia a stancarti. 
Evitando di fare spoileroni, un finale c'è, e un senso a questo thriller di 600 pagine pure. L'idea che tenta di legare il tutto, come dicevo all'inizio, è anche bella. 
Ma porcaccia la miseria, Zoran, perché mi hai costruito un romanzo sulla storia di 'ste cinque galline, che a dirla tutta, dopo un po' cominciano ad essere un pelino fastidiose?
Io volevo leggere un romanzo sul viaggiatore! 
Viene da pensare che questo autore, che per esser bravo è bravo, abbia avuto un'idea fulminante ma non sia riuscito ad avere una visione d'insieme. Perché la storia delle cinque amiche poteva essere sostituita benissimo con un'altra senza stravolgere il senso del libro. Aggiungo pure che è una mossa di marketing sbagliata, quella di "vendermi" una determinata storia, e darmi poi un'altra cosa. 
Comunque nonostante questa pecca quasi imperdonabile per un prodotto di genere (complice anche la casa editrice che vuole venderti a tutti i costi il thrillerone) il romanzo, va detto, ti prende e ti fa fare un'esperienza nuova quanto meno per una buona parte della lettura. Per cui è consigliato a chi ama il genere e vuole una voce diversa e talentuosa, in realtà lo è anche per i ggiovani, meno invece per chi vuole andare sul sicuro. A ogni modo Zoran Drvenkar è un autore da seguire, sperando che il prossimo lavoro sia un po' più "compatto", solo un po'.


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