23/01/13

Django - recensione (più o meno)



Si potrebbero già scrivere interi manuali su quello che è stato detto in pochi giorni dopo l’uscita di Django Unchained: chi ha urlato al capolavoro, chi l’ha accolto tiepidamente e chi l’ha stroncato, chi ne ha approfittato per sfoggiare la sua cultura cinefila e chi l’ha utilizzato come strumento ideologico. 
Tarantino è bravo. Questo lo sappiamo, e lo sa anche lui. Ma quando ci si convince troppo di se stessi c’è il rischio di non vedere i propri limiti e si concedono un po’ troppe cose al proprio ego. Complessivamente Django è questo: ha una prima parte magnifica, divertente e raffinata, colta, sublime e violenta e per certi versi toccante. Da metà film in poi l’ego tarantiniano straborda e si bulla dei propri muscoli. 

Ci sono sparatorie noiose e ci sono personaggi indimenticabili. Su tutti: il personaggio di Stephen interpretato da Samuel Jackson. 


Un servo nero che si è talmente azzerbinato ai padroni bianchi tanto da diventare lui stesso razzista: citazione e sberleffo di una certa servitù domestica che si vedeva nei vecchi film dell’America secessionista (Via col vento ad esempio) e iperbole morale allo stesso tempo. 
Ci sono tempi lunghi e tempi comici perfetti come nella scena grottesca dei cappucci del Ku Klux Klan. Insomma, ci sono cose belle e altre meno e si è molto, molto lontani da quella perfezione che tanta critica attribuisce a questo film, impantanata com’è nel significato della mise-en-scène e nell’ermeneutica dello sguardo della macchina da presa. Olè.

Va detto che Tarantino ha un altro tipo di bravura: creare l’evento. Come molti anch’io sto lì ad aspettare ogni suo film pronto a rivederlo, studiarlo e leggerlo (le sue sceneggiature sembrano letteratura), però mai come in questo mi è saltato agli occhi un particolare. 
Film dopo film Tarantino si ostina a circoscrivere l’universo del racconto all’interno di quello cinematografico (e continua a ripeterlo ovunque) mentre fuori, nel mondo reale, ogni volta succede un casino. E in questo caso le ipotesi sono tre: 

1 lo fa apposta
2 siamo noi dei citrulli che ci caschiamo
3 tutte e due le cose 

Perché va bene tutto, ma sinceramente se ne sono sentite troppe. E non mi riferisco a chi parla senza cognizione di causa o a chi alimenta un certo tipo di informazione spazzatura. 
Sentire uno come Spike Lee che dice che “la storia della schiavitù non è uno spaghetti western di Sergio Leone. È stato un olocausto, i miei antenati erano schiavi. Non andando a vedere il film renderò loro omaggio”, mi fa pensare:
che cazzo vuol dire? 
Solo perché uno si permette di trattare un certo argomento, a modo suo, allora va ignorato? Se Spike Lee avesse prima visto il film si sarebbe reso conto che Tarantino non ha mancato di rispetto a nessuno, tutt’altro: in Django c’è una netta denuncia allo schiavismo e ai suoi orrori, e ogni volta che può ne approfitta per sottolineare quanto fosse ridicolo, assurdo, disumano.
Comunque, il carico viene dato qualche giorno fa quando alcune organizzazioni per i diritti civili hanno chiesto il ritiro dal mercato delle action figures del film. La Weinstein Company, non sapendo bene come comportarsi decide di toglierle e aggiunge: “Abbiamo il massimo rispetto per il pubblico e non avevamo intenzione di offendere nessuno”.
Il tema è sicuramente delicato, ma a me vien da dire che forse hanno sbagliato sede per parlarne, farsi le accuse e chiedere scusa. Perché questa è la forma più subdola di censura, cieca e immotivata. A maggior ragione, ripeto, che Tarantino denuncia senza mezzi termini quelli che sono stati gli orrori dello schiavismo. 
Sì, ci sono cascato anch’io. Invece di parlare del film vado a finire sui diritti civili. 
Ma penso anche al povero collezionista, che batte i pugni disperato sulla sua teca, sapendo che non potrà mai avere questo: 
o questo:

1 commento:

  1. Penso anch'io che Django sia un bellissimo film, ma ben lontano dal capolavoro come urlano in molti.
    Secondo me un regista fa al massimo tre o quattro capolavori, e Tarantino ce li ha già donati, comunque da lui mi aspetto degli ottimi film.

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