17/04/12

Amnesia di Jean-Christophe Grangé - recensione -

Un giorno, parlando con due cazzoni due stimatissimi colleghi sullo stato dell’attuale salute del genere, si è dovuto ammettere con non poca resistenza che i francesi se la cavano piuttosto bene. Evitando di fare elenchi che c’entrano poco con il libro di Grangé, tutti noi abbiamo ben presente le commedie che da un po’ di tempo a questa parte hanno più che giustamente colonizzato le nostre sale cinematografiche. Tradizione e innovazione si sono mescolate in modo originale e godibilissimo. Cosa che è accaduta anche per l’action e l’horror made in baguette. 
Stesso discorso vale per ‘Amnesia’, il nuovo libro di Jean-Christophe Grangé, che dà un bel po’ di tono muscolare al genere thriller. 

La trama a mio avviso parla già da sola: uno psichiatra di nome Mathias Freire collabora alle indagini di un omicidio tanto brutale quanto spettacolare: il corpo di un poveraccio viene trovato con la testa di un toro cucita sopra la sua, con il risultato di assomigliare a un minotauro. Questo è il primo di una serie di omicidi per mano di un serial killer il cui modus operandi contempla la messa in scena della mitologia. Ad un certo punto però, sul luogo del delitto si trovano delle impronte. Impronte che corrispondono a quelle dello psichiatra. Costretto alla fuga Mathias viene scambiato per Victor Janusz, un barbone: lui lo è stato davvero solo che non se ne ricorda. Esplorando la sua nuova identità, inseguito sia dalla polizia che da misteriosi sicari in abito scuro, Mathias, alias Victor, scopre di avere avuto tante altre identià, altri alias, altre vite prima di quella attuale. Così, la fuga dell’uomo diventa mano a mano la ricerca del suo vero io.
L’idea di base ricorda molto vagamente quella di ‘Memento’ di Nolan, con la differenza che in ‘Amnesia’ la memoria è concepita come un gioco di scatole il cui scopo finale è trovare quella in cui è custodita l’identità originaria. Sì, un po’ come il gioco dei pacchi.
A' stronzi!
Torniamo seri.

Le vite che ha vissuto, che ha inconsapevolmente inscenato quest’uomo in fuga non sono state altro che involucri vuoti per coprire qualcosa che doveva rimanere nascosto. 
Questo thriller è intriso di una sostanza filosofica mai dichiarata eppure molto evidente: il tema del sé, dell’io e del suo doppio. Che non fa solo da sottofondo ad una storia ben costruita, ma le dà vita.
Grangé, già autore del celebre ‘I fiumi di porpora’, è bravissimo nell’approfondire i mondi del passato dimenticato che si apre al protagonista come una matrioska, e nel sollevare dubbi riguardo alla reale credibilità di quest’ultimo. 
Forse nel libro c’è qualche ripetizione di troppo qua e là. Probabile che sia una scelta dell’autore per tenere costantemente sotto gli occhi la mappa di una trama che si sviluppa per 750 pagine. Ma non fatevi spaventare dalla lunghezza, questo è uno di quei romanzi che, se vi appassiona, si divorano in poco tempo. Al massimo potete metterlo nella borsa da mare di quest’estate. Per darla in testa ai bagnanti che vi infastidiscono, e fargli perdere la memoria.

Nessun commento:

Posta un commento